L’evoluzione del linguaggio legato alla disabilità ha visto un cambiamento significativo, con un focus crescente sull’importanza dello sport in questo processo. Un punto di svolta è rappresentato dalle parole di Phil Craven, ex presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, pronunciate durante le Paralimpiadi di Londra 2012: «Non usate le parole disabile e disabilità. Qui vedrete solo abilità». Questa affermazione riflette una nuova percezione delle persone con disabilità, che mette in luce le loro abilità anziché i limiti.
Il libro Comunicare la disabilità. Prima la persona di Antonio Giuseppe Malafarina, Claudio Arrigoni e Lorenzo Sani, si propone come una guida per sensibilizzare giornalisti e operatori della comunicazione sull’uso corretto del linguaggio relativo alla disabilità, fornendo consigli su come evitare termini discriminatori. La prima parte del testo offre dati e informazioni generali, mentre la seconda si concentra sul linguaggio, spiegando le espressioni da preferire e quelle da evitare.
Lo sport e le Paralimpiadi hanno giocato un ruolo chiave nel cambiare la narrazione sulla disabilità. A partire dagli anni ’90, in occasione di queste competizioni internazionali, venivano distribuiti materiali che incoraggiavano l’uso di termini rispettosi e inclusivi. Si è così sviluppata una consapevolezza crescente del potere delle parole nel modellare la cultura e l’inclusione sociale.
La terminologia è cambiata nel tempo, passando da “handicappato” a “persona con disabilità”, con un focus crescente sull’individuo piuttosto che sulla sua condizione. La campagna “R-Word” di Special Olympics, lanciata nel 2004, rappresenta un importante esempio di iniziativa volta a eliminare termini offensivi come “ritardato”. L’evoluzione culturale ora mira a rimuovere il prefisso “dis” dalla parola disabilità, sottolineando le abilità uniche di ciascuna persona.